Roma Citta` Aperta
un brutto melodramma
Roma citta` aperta di Roberto Rossellini e` universalmente considerato il manifesto del cinema neo-realista italiano. A mio parere invece e` un film mediocre e molto sopravvalutato.
Prodotto a bassi costi nell'immediato dopoguerra, ha vinto la palma d'oro al festival di Cannes del 46 e il premio Oscar per la sceneggiature nel 47. Ha lanciato gli attori Anna Magnani e Aldo Fabrizi, ed e` uno dei film di culto di gran parte della critica cinematografica di sinistra e post-partgiana del dopoguerra.
Racconta il tragico periodo dell'occupazione tedesca a Roma e delle lotte partigiane alla vigilia e nella speranza di un'imminente liberazione.
Alcune scene iconiche, come l'uccisione di Pina (Anna Magnani) che rincorre disperatamente la camionetta tedesca dopo l'arresto del marito, fanno parte dell'assimilato culturale italiano e forse mondiale della nostra generazione.
E sicuramente la tematica del film, la resistenza, merita attenzione ed era un tema molto rilevante nel panorama culturale dell'immediato dopoguerra.
Tuttavia dal punto di vista puramente artistico, considero questo film molto deludente rispetto alle mie aspettative (non lo avevo visto prima!) e fondamentalmente un brutto melodramma. Ecco perche:
- La caratterizzazione dei personaggi, la sceneggiatura e la tessitura del film e` bi-dimensionale, manca di spessore. La recitazione e` spesso da teatro di provincia e la contrapposizione tra ambientazioni e caratteri popolari come Pina (Anna Magnani) e piu' sofisticati/mondani come Marina (Maria Michi, pessima attrice!) e` spesso stridente. In alcune scene borghesi e nel carattere di Marina pare di intravedere l'influenza holliwoodiana del film Casablanca (1942). Queste scene pero' si contrappongono ad ambientazioni piu' popolari quando la storia si centra su Pina (Anna Magnani)
- La figura centrale del prete-eroe don Pietro (Aldo Fabrizi) e` un sublimato di quello che oggi verrebbe definito catto-comunismo, eroe senza chiaro-scuri da basso melodramma, organizzatore, orchestratore e leader dei moti popolari del quartiere/parrocchia. Tra un miserere e un de profundis, con uno sguardo buono da Italiani brava gente e` l'incarnazione cinematografica del compromesso-storico di Moro-Berlinguer.
- Il leader partigiano Manfredi (Marcello Pagliero), che muore verso il finale sotto le terrificanti torture della Gestapo, e` l'incarnazione invece dell'intellettuale impegnato, arrogante e alquanto antipatico, borghese e rivoluzionario allo stesso tempo.
- Il capo della Gestapo capitolina, Major Bergman, e` una figura di una malvagita` caricaturale, un Nosferatu depravato da fumetto di Tin Tin. Non sorprende il fatto che, nonostante il diffuso senso di colpa dei tedeschi per le nefandezze naziste, la distribuzione del film in Germania e` stata bloccata nel primo dopo-guerra.
Il film straripa di un vero odio razziale per la gente germanica, comprensibile e giustificata a quei tempi, ma che stride con una visione piu' moderna e profonda della complessita` dei comportamenti umani.